La riflessione sul tema prende spunto da una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. 5, n. 32461, del 15/05/2019 – dep. 19/07/2019). Il Supremo Collegio ha ritenuto legittimo quanto disposto dalla Corte d’Appello meneghina, con riguardo all’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale nei confronti di un soggetto che si riteneva vivesse abitualmente con i proventi di attività delittuosa. In particolare da quelli derivanti dalla pluriennale attività di frode fiscale posta in essere dal ‘94 al 2014 attraverso un collaudato sistema fraudolento, alla cui base erano previsti una serie di rapporti cartolari tra società consortili e cooperative, consistenti sostanzialmente in false fatturazioni, o comunque per operazioni inesistenti, che garantivano un certo risparmio di imposta, oltre a fuoriuscite patrimoniali dalle casse delle società in favore di ulteriori persone giuridiche di dubbia esistenza ovvero orbitanti nel circuito del proposto e della sua famiglia.